Legare la storia alla botanica, arrivando a parlare delle caratteristiche degli alberi, può risultare un’azione difficile da compiere e tutta da scoprire, ma è a ben vedere qualcosa di estremamente illuminante. Infatti, ci sono alberi capaci di regalare emozioni e di raccontare millenni di storia. Contrariamente a quanto si possa pensare, il faggio è una di queste. Durante le ere glaciali, la diffusione del ghiaccio non mutò solamente la fauna del mondo, costringendo milioni di specie a migrare, ma anche la flora. Anche gli alberi furono costretti a estinguersi per poi tornare tanti anni più tardi.
E’ il caso dell’acero, del pino e della betulla. In questo breve elenco manca il faggio, per un motivo molto semplice: mentre queste conifere e altre specie arrivarono subito al termine delle ere glaciali, il faggio si fece attendere e impiegò qualche secolo in più. Il faggio è una delle piante più tipiche dei boschi italiani attuali. Che si parli di spazi alpini o appenninici, che ci si trovi in Lazio, Toscana, Puglia o Emilia Romagna, è sempre possibile imbattersi in boschi di faggio, meglio noti come faggete.
Il faggio è una pianta particolare perché ha la capacità di scegliere a chi unirsi e chi accogliere nel proprio spazio. Uno degli aspetti che colpisce maggiormente di una faggeta, per esempio, è la capacità di risultare omogenea: laddove ci sono faggi, difficilmente si moltiplicheranno comodamente altre piante. E’ scientificamente provato: questa pianta è capace di espandere benissimo le proprie radici, come e meglio del bambù.
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